La Direttiva, 2012/27/UE, che andrebbe recepita entro il 5 giugno 2014, impone agli Stati membri di fissare un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica che guardi ai consumi e ai risparmi di energia primaria o finale per l’ottenimento del 20% di risparmio entro il 2020 (il cd. pacchetto clima-energia 20-20-20 che punta anche alle energie rinnovabili e ad una consistente riduzione di emissioni di CO2 nell’atmosfera).

Ricordiamo che gli articoli chiave della Direttiva europea sono relativi alla ristrutturazione degli immobili nel settore pubblico, ai regimi obbligatori di efficienza, alla misurazione e alla contabilizzazione dell’energia, alla promozione dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento, alla trasformazione, trasmissione e distribuzione dell’energia.

La situazione italiana. Il nostro paese ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva ed è ora al vaglio delle Commissioni Parlamentari competenti. Il nostro paese ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva ed è ora al vaglio delle Commissioni Parlamentari competenti.

In particolare, per quanto riguarda i condomini è fondamentale sottolineare che entro il 31 dicembre 2016, tutti gli edifici con il riscaldamento centralizzato dovranno dotarsi di termoregolazione e contabilizzazione del calore.

Infatti, lì dove la pluralità di edifici (supercondominio) o gli edifici polifunzionali, siano serviti da un impianto di distribuzione centralizzato o da una rete di teleriscaldamento per la fornitura di riscaldamento, raffreddamento o acqua calda, entro il 2016 le imprese fornitrici del servizio dovranno obbligatoriamente installare contatori individuali di calore o di fornitura di acqua calda in corrispondenza dello scambiatore di calore collegato alla rete o del punto di fornitura; inoltre, le stesse imprese dovranno dotare gli utenti finali di contatori individuali per la misurazione dell’effettivo consumo di calore di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare, che risultino efficienti sia in termini di costi che di potenziali risparmi energetici (l’installazione dovrà risultare tecnicamente possibile, in caso contrario sarà il tecnico abilitato o il progettista dell’impianto, a relazionare in un rapporto tecnico la non fattibilità dell’intervento).

In quest’ultimo caso, cioè lì dove l’intervento da parte dell’impresa fornitrice del servizio non sia possibile, si può ricorrere all’installazione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore individuali, da installarsi su ogni singolo radiatore per la corretta misurazione dei consumi (così come previsto dalla norma UNI EN 834).

Rivoluzione in condominio. Nei condomini con impianto di riscaldamento centralizzato, i sistemi tecnologici che consentono la contabilizzazione del calore permettono sia di regolare autonomamente la temperatura in ogni unità immobiliare, sia di suddividere le spese in proporzione a quanto ciascun condomino effettivamente consuma (si possono ottenere risparmi di combustibile tra il 10% e il 30% annui).

Dotare l’impianto di riscaldamento centralizzato a gas metano di valvole termostatiche e di ripartitori elettronici del calore per il conteggio pro-capite di ogni singolo condomino, porta indubbiamente una serie di vantaggi:

  • consente di rendere energeticamente efficiente l’intero immobile, contribuendo anche alla riduzione di emissioni di CO2;
  • abbattere i consumi, premiando le famiglie virtuose che ridurranno le temperature attraverso l’impiego delle valvole termostatiche;
  • ogni famiglia pagherà sulla base dell’effettivo fabbisogno energetico e il conteggio avverrà tramite l’uso dei sistemi di ricezione dei consumi.

Nel dettaglio, sulla base dell’art. 9 (relativo alla Misurazione):

  • i consumatori finali di energia devono ricevere contatori individuali purché tecnicamente e finanziariamente fattibile;
  • gli Stati membri devono adottare sistemi di misurazione “intelligenti” per il gas e l’energia elettrica (in conformità alle direttive 2009/72 e 2009/73).
Sulla base invece degli artt. 10,11 e 12 (relativi alla Fatturazione e Accesso alle informazioni):
  • la fatturazione dovrà basarsi sul consumo reale e sarà garantita la disponibilità della bolletta elettronica su richiesta dell’utente finale;
  • dovrà prevedersi la gratuità delle fatture e delle informazioni sui consumi individuali per gli utenti finali.

1. PREMESSA.

L’amministratore di condominio è l’organo esecutivo del condominio, ed il rapporto giuridico che si instaura tra condominio e amministratore, è riconducibile secondo il diritto italiano, al mandato con rappresentanza regolato dal codice civile agli articoli 1387 e ss e 1703 e ss.

La figura dell’amministratore ha cominciato ad affermarsi nel nostro paese a partire dagli anni ’60, a seguito della grande spinta economica dovuta alla massiccia opera di ricostruzione a seguito dell’ultimo conflitto mondiale. Inizialmente per svolgere questa attività non veniva richiesta nessuna abilità particolare, soventemente veniva gestita come occupazione di ripiego e/o seconda occupazione da esercitare nel “tempo libero”.

Con l’avanzare del tempo, la figura dell’amministratore di condominio, ha, necessariamente, dovuto adeguarsi allo sviluppo sempre più articolato e complesso della realtà condominiale, non essendo più sufficiente solo la csd “buona volontà” di una persona qualunque.A tal proposito è intervenuta la legge n. 220/2012 “Disciplina del condominio negli edifici”, in vigore dal 18 giugno 2013, che ha profondamente innovato e “ristrutturato” la disciplina in materia di condominio e soprattutto le disposizioni che interessano l’amministratore di condominio, oggi finalmente considerato necessariamente come un vero e proprio professionista, che deve essere in grado si saper gestire la cosa comune nell’interesse esclusivo dei partecipanti la comunione, deve trasmettere sicurezza, affidabilità, deve possedere delle ottime doti di “problem solving”, deve essere una persona disponibile e puntuale nei suoi adempimenti, deve saper scegliere ditte fornitrici di servizi per il condominio sempre avendo cura del rapporto qualità/prezzo… dovrà quindi essere un professionista preparato e capace. Alla luce di quanto fin’ora scritto in questa mia premessa, prima di esaminare l’istituto della  “prorogatio imperii”, ritengo doveroso un piccolo excursus sui requisiti che oggi la nuova normativa richiede all’Amministratore immobiliare.

2. REQUISITI DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO.

Il professionista, così come diventato nel nuovo rapporto di mandato che lo lega ai condòmini ed al condominio, oltre agli obblighi previsti dall’art. 1129 del c.c. –Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore-, e dall’art. 1130 del c.c. –Attribuzioni dell’amministratore-, dovrà rispondere anche a quanto richiesto dal novello art. 71-bis delle disposizioni attuative del codice civile circa i requisiti che deve possedere l’amministratore per essere nominato, cinque di carattere morale e due di carattere professionale:

a) godere dei diritti civili;

b) non  essere  stato  condannato  per delitti contro la pubblica amministrazione, l’ammistrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio; delitti non colposi per il quale sia prevista la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, ai due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) non  essere  stato sottoposto a misure di prevenzione divenute definitive, salvo riabilitazione;

d) non essere interdetto o inabilitato;

e) non essere annotato nell’elenco dei protesti cambiari;

f) aver  conseguito  il  diploma  di  scuola  secondaria di secondo grado;

g) aver frequentato corsi di formazione, iniziale e periodica.

Occorre precisare che qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini, non sono richiesti i requisiti di cui ai punti f) e g), ovvero se l’amministratore ha già svolto tale attività per almeno un anno nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge (18 giugno 2013), ma deve invece provvedere a frequentare corsi di aggiornamento periodici.

3. PERDITA DEI REQUISITI.

Leggendo sempre l’art. 71-bis comma 1 delle disposizioni di attuazione del codice civile, il legislatore ha stabilito che, in ogni caso, la  perdita di uno solo dei requisiti  di cui ai punti a), b), c), d) ed e) già esaminati nel precedente paragrafo, implica la cessazione dall’incarico. In tal caso l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore può essere convocata da ciascun condòmino senza formalità.

4. LA “PROROGATIO” DEI POTERI DELL’AMMINISTRATORE DOPO LA SCADENZA  DEL MANDATO.

La  “prorogatio” è un istituto che deriva dal diritto romano e che considera lecita e quindi produttiva di effetti giuridici la prosecuzione di un incarico scaduto della persona che fino ad allora era titolare della carica e fintanto che quella carica non sia assegnata ad una nuova persona.

In buona sostanza l’ordinamento giuridico considera come conforme alla volontà del rappresentato e necessario al fine di garantire la continuità amministrativa dell’ente di riferimento, l’esercizio in prorogratio dei poteri da parte dell’ultimo titolare.

Una situazione del genere appare sovente in ambito condominiale.   Come noto, l’amministratore rappresenta, assieme all’assemblea, l’organo (esecutivo e di rappresentanza) più importante della gestione del condominio.

La legge dispone che la nomina di un amministratore si rende necessaria quando i partecipanti al condominio sono più di otto, sia per una miglior gestione dei rapporti tra gli stessi condòmini, che tra il condominio ed i terzi.

Secondo l’art. 1129 del c.c. comma I: “se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario”  . La natura e gli effetti giuridici delle due modalità, tuttavia, sono diversi.

Quello che lega il condominio all’amministratore, e viceversa, è un vero e proprio  contratto di mandato,  cioè quell’accordo mediante il quale una parte (il mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un’altra parte (il mandante). Il contratto di mandato si presuppone a titolo oneroso.

Ovviamente sono presenti degli obblighi in capo sia al mandatario che al mandante. Per quanto attiene gli obblighi in capo al mandatario (cioè l’Amministratore), ricordiamo:

1. il   mandatario   è   tenuto   ad   eseguire  il contratto  con la  diligenza del buon padre di famiglia, e se il mandato viene svolto a titolo gratuito, l’eventuale responsabilità per colpa viene valutata con minor rigore;

2. il mandatario non può eccedere i limiti del mandato … ;

3. il mandatario deve rendere conto della sua attività al mandante … .

Per quelli che attengono la sfera del mandante (il Condominio):

a) fornire il mandatario dei mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni contratte …;

b) rimborsare al mandatario le eventuali anticipazioni fatte;

c) pagare il compenso pattuito ed eventualmente risarcire i danni che il mandatario può aver subito nello svolgimento del suo incarico.

Secondo l’art. 1722 c.c. il mandato si estingue  qualora si verificano le seguenti condizioni:

– scadenza del termine;

– morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario;

– revoca del mandato. Se nel contratto è previsto un patto di irrevocabilità, se il mandante procede alla revoca senza una giusta causa risponderà degli eventuali danni causati al mandatario. Se la revoca interviene prima del termine e non è supportata da una giusta causa, il mandatario avrà diritto ad un indennizzo per il mancato guadagno, oltre al rimborso per le spese eventualmente già sostenute;

– se il mandatario rinuncia all’incarico in difetto di giusta causa, egli sarà tenuto ad analogo risarcimento nei confronti del mandante”.

Alla fine quindi del mandato di gestione, ovvero in caso di revoca e/o di dimissioni, l’assemblea dei condomini dovrà deliberare sulla nomina del nuovo amministratore oppure sulla conferma del precedente, ed il quorum richiesto dal legislatore è quello della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (art. 1136 c.c. comma II).

Può accadere che, per mancanza del raggiungimento del numero legale, l’assemblea non riesca a nominare, confermare e/o revocare l’amministratore. Nell’eventualità in cui l’assemblea non vi provveda, per uscire da questa fase di “stagnazione”, le opzioni sono due:

A. “Quando i condòmini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condòmini o dell’amministratore dimissionario”(art. 1129 comma I), cosicché venga nominato con decreto un amministratore “giudiziale”;

B. “L’amministratore uscente prosegue nell’esecuzione delle attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi” (art. 1129 c.c. comma VIII).

  In questa ultima ipotesi, proprio per garantire la prosecuzione dell’incarico dell’amministratore, e per non creare nessun tipo di pregiudizio al condominio, si parla di“prorogatio imperii”.  In sostanza si tratta di proseguire in via provvisoria la carica di amministratore, ed ovviamente questa provvisorietà andrà a risolversi nel futuro. Il codice civile all’art. 1129, appunto dispone che al momento della cessazione della carica per qualsiasi ragione (dimissioni, rinuncia, revoca…), l’amministratore ha l’obbligo di eseguire le attività urgenti ed il disbrigo di quelle attività ordinarie non procrastinabili, per non creare pregiudizi, senza diritto ad ulteriori compensi, in attesa del passaggio di consegne al suo successore.Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ritiene, che:

1.     “L’amministratore di condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuare ad esercitare finché non venga sostituito da altro amministratore. Ma tale principio (in difetto di esplicita enunciazione normativa) si giustifica in ragione di una presunzione di conformità all’interesse ed alla volontà dei condomini” (così Cass. n. 1445/1993);

2. “In tema di condominio di edifici, l’istituto della “prorogatio imperii” – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condòmini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore,e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. comma II, o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina. Ne consegue che, l’assemblea può validamente essere convocata dall’amministratore, la cui nomina sia stata dichiarata illegittima, non ostando al riguardo il dettato di cui all’art. 66 att. c.c. comma II, in quanto il potere di convocare l’assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell’amministratore che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell’amministratore o di illegittimità della sua nomina”(così Cass., Sez. Il, n. 1405 del 2007; conformemente cfr. Cass., Sez. il, n. 3139 del 1973; Cass., Sez. II, n. 3588 deI 1993; Cass., Sez. II, n. 5083 del 1994; Cass., Sez. Il, 27.03.03 n. 4531 e, più recentemente, Cass., Sez. II, 30.10.12 n. 18660), (Cass. 13 giugno 2013, n. 14930).

In altre parole…  nell’interesse del condominio, anche chi è stato revocato deve continuare a garantire il “disbrigo degli affari correnti”, e quindi è in “prorogatio imperii”.

La legge n. 220/2012 ha introdotto una norma (l’art. 1138, V comma, c.c.) che ha generato una situazione alquanto singolare. Il riferimento è a quella regola che impone di non poter vietare la detenzione di animali domestici in condominio. Oltre alla oggettiva difficoltà di raccordare, oggigiorno, la definizione di animale domestico con la vita condominiale, la norma è stata annunciata come innovativa ma, si vedrà, non cambierà nulla. “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici” (art. 1138, V comma, c.c.). Come sappiamo, c’è differenza tra Regolamento Assembleare (1) e Regolamento Contrattuale (2):

1. Adottato dall’Assemblea con tanti voti che rappresentino almeno la maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi del valore dell’edificio. Il suo contenuto non può andare oltre le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi in capo ad ogni condòmino, nonché le norme per la tutela del decoro dello stabile e quelle relative all’amministrazione;

2.Sottoscritto da tutti i proprietari delle unità immobiliari al momento dell’acquisto delle stesse, in quanto allegato al contratto d’acquisto, o successivamente in assemblea (in questo caso è necessaria l’unanimità dei condòmini). Può contenere clausole limitative dei diritti dei singoli su parti di proprietà comune ed esclusiva purché limiti e divieti risultino in modo chiaro e preciso.

Prima dell’entrata in vigore della riforma era pacifico che solamente i Regolamenti Contrattuali potessero vietare la detenzione di animali domestici (cfr. Tribunale di Piacenza 10 Aprile 2001). L’introduzione di questa norma è stata accompagnata dall’approvazione di un Odg da parte della Commissione Giustizia del Senato (che ha approvato in sede deliberante la legge in vigore) nella quale si è affermato che: “La Commissione Giustizia, preso atto che al terzo comma dell’articolo 1138 del Codice Civile è aggiunto il seguente:”Le norme del regolamento non possono vietare di posseder o detenere animali domestici“; rileva come il divieto in parola non riguarda i regolamenti cosiddetti contrattuali che sono approvati da tutti i condòmini con l’adesione al regolamento formulato dal costruttore prima della costituzione del condominio, ovvero con una deliberazione assembleare unanime, perché la disposizione è collocata all’interno dell’articolo che disciplina il regolamento condominiale. Tale formula di compromesso è di fondamentale importanza perché consente da un lato di rispettare la sensibilità degli amanti degli animali, e dall’altro, in coerenza con i princìpi di autonomia contrattuale 8 ART. 1322 C.C.), consente ai condòmini di deliberare all’unanimità limitazioni ai diritti dominicali loro spettanti avuto riguardo allo stato dei luoghi. Per quanto riguarda l’efficacia nei confronti dei terzi, occorre ricordare che il carattere reale delle limitazioni convenzionali della proprietà ne condominio determina la loro opponibilità agli acquirenti a titolo particolare delle unità immobiliari, purché tali limitazioni risultino trascritte presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari a norma dell’art. 2643 del c.c.e ciò si verifica quando sia trascritto il regolamento, ovvero quando sia trascritto l’atto di acquisto che indichi, con precisione, i vincoli cui è sottoposto il bene oggetto della compravendita. In assenza di trascrizione i vincoli saranno opponibili solo quando l’acquirente li abbia espressamente accettati(Legislatura 16a – 2a Commissione permanente – Resoconto sommario n. 359 del 20/11/2012).
L’ordine del giorno non è vincolante ma sicuramente aiuta nell’interpretare la legge poiché chiarisce le intenzione del legislatore (cfr. art. 12 disp. prel. c.c.). Se questa risulterà essere l’applicazione del nuovo comma, possiamo affermare che non ci sarà alcuna novità di sorta.